La protezione negata e il nuovo Patto Europeo Immigrazione e Asilo

di Valentina D’Amico

Negli ultimi anni gli stati dell’Unione Europea hanno progressivamente ristretto lo spazio di tutela dei diritti delle persone che provano ad accedere al territorio europeo. Le frontiere esterne sono diventate luoghi di sospensione delle garanzie giuridiche, dove le persone sono respinte o trattenute in attesa di rimpatrio. Il nuovo Patto europeo su asilo e migrazione continua sulla stessa linea di chiusura rafforzando il sistema hotspot, incentivando i rimpatri, e promuovendo un binomio asilo-rimpatrio che produce situazioni di irregolarità e rischia di limitare forme alternative di soggiorno. 

Se n’è parlato nella seconda giornata di Sabir, Festival diffuso delle culture mediterranee in corso a Matera fino al 14 maggio.

Sono intervenuti: Marta Gionco (PICUM), Susanne Drake (WEA/Solidar/Germania), Sara Kekus Center For Peace Studies (Croazia); Claire Rodier (GISTI/MIgreurop), Manuel de la Rocha (MPDL); Anna Brambilla (ASGI); Centrum Pomocy Legal Aid Center (tbc).

“L’accesso all’acqua non è più possibile, le guerre hanno devastato la terra in diverse parti del mondo. I poteri dominanti, alimentati da mire colonizzatrici, hanno peggiorato la situazione. Quindi i popoli sono costretti a muoversi” dice chiaramente Susanne Drake di Solidar Foundation e a capo dell’ufficio di Bruxelles della Willi Eichler Akademie. “Tuttavia – continua – non vogliamo averli con noi anche se abbiamo bisogno di manodopera e il patto di assistenza con gli anziani ci sta sfuggendo di mano”.

“Non li vogliamo, soprattutto se hanno un colore diverso dal nostro”, è esplicita Susan Drake. “Spesso, lo dico senza mezzi termini, si tratta chiaramente di razzismo. Oggi è più che mai evidente. Lo vediamo con i rifugiati ucraini: anche le società più conservatrici che non hanno voluto accogliere altri popoli, oggi aprono le braccia agli ucraini”.

“Non ci rendiamo conto – ammonisce – che la politca di respingimento è una politica molto costosa che non porta a niente, perché la mobilità delle persone è un fatto ineliminabile. Le persone si muovono per varie ragioni. E allora occorrerebbe gestire in maniera differente e più produttiva le risorse, attraverso leggi che regolamentino la mobilità umana, prevedendo un uso migliore delle ambasciate, formazione linguistica alle persone migranti prima di partire e lasciare il proprio paese, equivalenza dei diplomi locali, visti di breve durata per visite esplorative alla ricerca di lavoro e alloggio”. Solo per fare qualche esempio. “Le persone che vogliono allontanarsi dal proprio paese sono disposte a spendere migliaia di euro per i trafficanti – dice Drake – spederebbero altrettanto per studiare e formarsi in Europa, per mantenersi in attesa di un lavoro”.

Eppure il nuovo patto europeo su immigrazione e asilo a cui l’UE oggi sta lavorando va in senso diametralmente opposto, persevera nell’obiettivo dei respingimenti alle frontiere. 

“In autunno c’è stato un incontro di presentazione del patto. Ebbene questo patto è stato presentato come uno strumento utile ad evitare che le persone entrino in Europa. Dobbiamo fermare le persone prima dell’ingresso, prima che si sposino e abbiano figli e quindi è più difficile rimandarli indietro. Questo è stato detto” denuncia Anna Brambilla avvocato dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione.

“Una delle disposizioni centrali – spiega Anna Brambilla – è che le persone sottoposte a fase di screening o di prescreening non sono autorizzate ad entrare nel territorio nazionale, sono da qualche parte ma non entrano”, in una terra che si vuole di nessuno e per questo si vuole sia sottratta a qualsiasi norma di diritto, soprattutto quelle che regolano il rispetto dei diritti umani. “È l’istituto del respingimento differito – dice Brambilla – già previsto e funzionante in Italia. Le persone che sbarcano sulle nostre coste possono essere ammesse temporaneamente, per motivi di soccorso immediato, ma poi gli viene notificato un provvedimento di respingimento. Chi arriva attraverso le frontiere aeroportuali non vengono ammesse ma sostano all’interno di alcune aree degli aeroporti, con una palese e arbitraria limitazione della libertà personale. Eppure la Corte Europea dei diritti dell’uomo che pure non brilla di garantismo ha ricordato che non esistono porzione di territorio statale sottratte al diritto”.

Alla finzione di non ingresso si aggiungono numerose criticità, come il rischio di esclusione di alcune nazionalità alle procedure di accesso attraverso per esempio accordi bilaterali tra paesi.

“Ai cittadini ucraini – spiega Brambilla – è stato consentito di scegliere il paese in cui chiedere protezione temporanea, diritto negato agli altri. Gli ucraini sono riconosciuti portatori di istanze politiche, possono rivendicare limitazioni delle libertà, mentre a tutti gli altri non è consentito e a volte è negato anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Laddove infatti il singolo individuo bussa alle nostre porte e gli viene negato l’asilo allora la Corte gli riconosce protezione, ma quando si organizza in gruppi e cerca di superare i confini viene punito e la Corte non gli riconosce la violazione del diritto d’asilo”. 

Claire Rodier, direttrice di GISTI (Groupe d’information et de soutien des immigrés afferma duramente: “Il nuovo patto non può istituzionalizzare pratiche illegali ma la verità è che gli stati europei stanno cercando strumenti per legittimare il respingimento”.